Le norme prevedono obiettivi stringenti da raggiungere entro il 2030. Ma per le aree con particolari condizioni climatiche e orografiche si slitta al 2040.
Lo smog continua a uccidere 330mila persone all’anno in Europa. E, mentre l’allarme resta alto in Italia, le istituzioni Ue rispondono rilanciando l’azione sul Green Deal con regole più severe contro l’inquinamento dell’aria.
I nuovi limiti
Per i due inquinanti con il maggiore impatto documentato sulla salute umana, vale a dire le polveri Pm2,5 e NO2, i valori limite annuali dovranno essere più che dimezzati, passando rispettivamente dagli attuali 25 a 10 microgrammi per metro cubo e da 40 a 20 microgrammi per metro cubo, nel tentativo di ridurre di almeno il 55% il numero di morti premature causate dalle polveri sottili. Sono inoltre previsti più punti di campionamento della qualità dell’aria nelle città. L’Europarlamento e i Paesi membri hanno inoltre convenuto di rendere comparabili, chiari e accessibili al pubblico gli indici di qualità dell’aria, attualmente frammentati, in tutto il Vecchio Continente, dando informazioni sui sintomi associati ai picchi di smog e sui rischi per la salute associati a ciascun inquinante.
Gli standard di qualità dell’aria saranno riesaminati entro il 31 dicembre 2030 e successivamente almeno ogni cinque anni e più spesso se richiesto da nuovi dati scientifici, come le linee guida riviste sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione mondiale della sanità. Per i Ventisette l’accordo trovato prevede nuovi obblighi ma anche alcune flessibilità. Nel dettaglio, oltre ai piani per la qualità dell’aria richiesti ai Paesi Ue che superano i limiti, tutti i governi saranno chiamati a redigere tabelle di marcia per la qualità dell’aria entro il 31 dicembre 2028, definendo misure a breve e lungo termine per rispettare i nuovi valori limite 2030.
La clausola
È stata però introdotta una clausola per i Paesi membri che potranno chiedere di posticipare la scadenza del 2030 fino a dieci anni, se saranno soddisfatte alcune condizioni specifiche, anche nel caso in cui il taglio dei livelli di inquinamento possa essere ottenuto soltanto sostituendo una parte considerevole degli impianti di riscaldamento domestico esistenti. Una deroga che, ha rivendicato il capodelegazione di Fdi al Parlamento Europeo, Carlo Fidanza, «il governo italiano è riuscito a ottenere».
L’accordo politico introduce anche il diritto al risarcimento per i cittadini: chi subisce danni alla salute a causa dell’inquinamento atmosferico potrà essere risarcito in caso di violazione delle norme Ue da parte dei governi nazionali.
La deroga per la Lombardia
Le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità dicono che sopra i 5 microgrammi l’inquinamento ha ricadute sulla salute: rispetto a questa soglia, i milanesi stanno respirando una concentrazione di veleni otto volte più alta. E in questo quadro, a fine febbraio a Bruxelles, la Lombardia e il governo hanno ottenuto una vittoria politica che corona due anni di tenace diplomazia: non per abbattere i veleni, ma per avere una deroga di dieci anni sui nuovi limiti, che saranno più stringenti a confronto degli attuali. Commissione Ue e Europarlamento lavoravano da due anni a una revisione della direttiva sulla qualità dell’aria. La prima ipotesi prevedeva l’allineamento alle linee guida dell’Oms del 2021: 5 microgrammi al massimo come media annuale di Pm2,5 entro il 2030. Nell’ultimo accordo il limite è stato fissato a 10, ma la «vittoria» della Lombardia sta in una sorta di «clausola padana», è cioè la possibilità per i governi di chiedere una deroga al rispetto dei limiti fino al 2040, in base alle «condizioni climatiche e orografiche» di certe regioni.