DATI E PREVISIONI PER UNA TRANSIZIONE GUIDATA DALLE FONTI RINNOVABILI.

L’invasione della Russia nei confronti dell’Ucraina e la derivata crisi delle materie prime ha imposto all’Italia la necessità di diversificare l’approvvigionamento delle proprie fonti energetiche. Parlare di indipendenza energetica è perciò diventato fondamentale e per farlo è necessario puntare sulle risorse rinnovabili.

La domanda è: in attesa che le fonti pulite diventino la principale fonte di energia primaria, possiamo puntare su un vettore energetico di transizione come il gas?

Prima di tutto, partiamo dal discorso degli approvvigionamenti di energia.
Secondo la relazione annuale del Mite (ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica), in Italia, il 59,7% della produzione di energia elettrica è rappresentato dal termoelettrico non rinnovabile, di cui il 6,1% di impianti alimentati da combustibili solidi, il 3,8% da prodotti petroliferi e altri combustibili, e infine il 49,9% di impianti alimentati da gas naturale.

Per quanto riguarda la potenza installata (cioè la potenza massima erogabile dalle centrali), l’Italia è tecnicamente autosufficiente: le centrali esistenti a tutto il 2017 sono infatti in grado di erogare una potenza massima netta di circa 116 GW contro una richiesta massima storica di circa 60,5 GW nei periodi più caldi estivi. Vi è quindi una sovrabbondanza di impianti di produzione. Diverso il discorso se parliamo di approvvigionamento delle materie prime per poter produrre elettricità e calore, dove il nostro paese risulta vincolato alle importazioni: l’Italia dipende al 78% dall’estero, soprattutto per gas e petrolio.

Di tutta l’energia consumata, quella rinnovabile ha registrato il maggiore aumento. L’obiettivo dell’indipendenza energetica passa sicuramente da un maggiore ricorso alle rinnovabili. Ma solo una parte minoritaria dell’energia consumata nel nostro paese risulta originata da fonti di energia pulita. Nel 2021 queste hanno trovato ampia diffusione in Italia sia per la produzione di energia elettrica, sia per la produzione di calore, sia in forma di biocarburanti. La quota percentuale cresce di anno in anno. L’idroelettrico è al 42% del totale, segue il fotovoltaico, con una quota parte del 20%. Al 16% c’è l’eolico, mentre resta residuale la componente geotermica, ferma al 5%. Nel mezzo, le bioenergie rappresentano il 17%. Con i giusti investimenti c’è margine per crescere ancora: proprio perché per definizione, le fonti rinnovabili sono inesauribili.

Il fatto che il consumo di gas sia cresciuto è spiegabile, almeno in parte, dalla decisione dell’Unione europea di considerare questa risorsa non rinnovabile come una fonte energetica di sostegno alla transizione ecologica, sostenendo che abbia un minore impatto inquinante rispetto agli altri combustibili fossili, come carbone e petrolio.

Ma il gas può avere un impatto minore rispetto a quello attuale soprattutto se si tratta di gas circolare, cioè originato dagli scarti dei processi industriali.

Il gas circolare è già realtà ma al momento viene prodotto in quantità troppo piccole per poter sperare di sostituirsi al gas naturale e garantire l’indipendenza energetica. Ma con 16 milioni di tonnellate di rifiuti che ogni anno finiscono in discarica, si potrebbe produrre una quantità gas di sintesi circolare sufficiente per sostituire quasi il 60% dei consumi annui italiani ad uso industriale. Sicuramente questo rimane un elemento dell’economia circolare su cui investire maggiormente se l’obiettivo è raggiungere la transizione energetica in maniera più sostenibile e producendo meno emissioni di CO2.

Fonte: Lifegate