Dal 16 gennaio è attivo l’obbligo di rallentare sul 70% delle strade di Bologna.
Ma l’esperimento che ha l’obiettivo di ridurre incidenti, smog e consumi non piace proprio a tutti.
E la strada verso la mobilità sostenibile diventa ancora più difficile.
Cosa prevede la nuova norma
La riduzione del limite di velocità a 30 chilometri orari è entrata da poco in vigore a Bologna. Dal 16 gennaio si rallenta su gran parte del territorio, giorno e notte. Per tutti. Una svolta epocale. In primo luogo servirà a ridurre il numero di incidenti. Secondo l’amministrazione bolognese, la velocità è la prima causa in assoluto di incidenti mortali nel Comune: abbassarla significherebbe ridurre sia la probabilità sia la gravità dei sinistri. Per una persona, spiegano i tecnici, essere investita da un’auto che procede a 30 all’ora equivale a cadere dal primo piano: nove volte su dieci ci si salva. Di contro, se a investire è un’auto lanciata a 50 km/h, l’impatto equivale a precipitare dal terzo piano: otto volte su dieci non c’è scampo. Dal 2010 al 2019 a Bologna sono morte 194 persone e oltre 26.000 sono rimaste ferite. Proprio sul fronte incidenti Bologna 30 sta funzionando egregiamente. Lo confermano i primi dati pubblicati dal Comune di Bologna: nelle prime due settimane di città 30 gli incidenti sono diminuiti del 21% ed è diminuito anche l’indice di gravità con zero incidenti mortali e -18,2% di incidenti con feriti. Ma l’iniziativa ha comunque scatenato non poche polemiche, i tassisti minacciano di alzare le tariffe e la questione è finita in politica.
È giusto chiarire che Bologna 30 non si tratta di una norma approvata una volta per tutte. Bensì è l’inizio di un processo ancora in fase di miglioramenti che potrebbero arrivare nei prossimi mesi. Il capoluogo emiliano punta a farsi seguire da tante altre città italiane; e gli esempi non mancano anche nel resto d’Europa e nel mondo, da Bilbao a Zurigo, da Madrid a Toronto, da Londra ad Amsterdam. E molte città italiane di medie dimensioni hanno cominciato a pensare di fare altrettanto: se, infatti, Olbia è stata la prima (da giugno 2021), molte altre stanno ragionando su misure analoghe. Firenze, Verona, Reggio Emilia, Pesaro, oltre alle grandi – almeno per gli standard italiani – Milano e Roma. In nessuna di queste mancano però le discussioni, talvolta molto accese.
Rompere le abitudini
Secondo l’amministrazione felsinea, il tempo è dalla parte di chi innova, e quello che appare impensabile oggi sarà ritenuto normale fra qualche anno. Per questo è stato costruito un sito, Bologna Città30, che è anche un progetto di comunicazione estremamente strutturato, con una ricca sezione con le domande frequenti, volta a rispondere a molti dei dubbi più comuni. Il tentativo è stato quello di preparare la popolazione. A luglio sono iniziati i lavori per modificare la segnaletica, e si è proseguito grazie all’intervento della Fondazione per l’innovazione urbana, un centro multidisciplinare di ricerca e sviluppo focalizzato sulle città. Il costo dei lavori è stato di 190mila euro. L’idea è supportare e far capire ai cittadini quanto sia importante un cambiamento della mobilità per aumentare la sicurezza dell’ambiente urbano. “Un’operazione che deve essere principalmente culturale, più che regolamentare e sanzionatoria” afferma Cleto Carlini, direttore settore Mobilità e Infrastrutture di Palazzo d’Accursio.
I vantaggi per l’ambiente
Se il primo motivo sembra essere la riduzione della mortalità, non mancherebbero i vantaggi dal punto di vista ambientale. Abbassare i limiti di velocità aiuta anche a contenere le emissioni inquinanti: meno si spinge sull’acceleratore, meno carburante si consuma (ovviamente si parla di veicoli non elettrici). Il centro di ricerca Future Transport Research ha analizzato l’impatto dei limiti di velocità e dello stile di guida in condizioni di traffico urbano sulle emissioni di CO2 (che impattano sul global warming) e di NOx (gli ossidi di azoto, dannosi per le vie respiratorie), ed ha concluso che la riduzione del limite di velocità porta a una notevole diminuzione delle emissioni: fino al 37,8% per la CO2 e fino al 78,8% per gli ossidi di azoto (NOx).
A Bologna si viaggia già, in media, a 34 km/h, secondo uno studio della società Polinomia, ma il ciclo urbano reale è fatto di frenate e ripartenze. E proprio alle accelerazioni sono associati i maggiori picchi di emissioni di scarico dei veicoli con motore a combustione interna, mentre le frenate producono emissioni di polveri sottili a causa dell’usura dei freni e dell’attrito degli pneumatici sulla strada. Andare a 30 all’ora significa quindi diminuire il numero di frenate e accelerazioni, con un conseguente minor consumo di freni e gomme e riduzione del rilascio di polveri inquinanti da queste componenti. A 30 diminuisce anche il rumore, grazie al minor impatto del rotolamento degli pneumatici sull’asfalto. Ovviamente per combattere l’inquinamento e per garantire una mobilità efficace, efficiente ed affidabile nei tempi di percorrenza la riduzione dei limiti di velocità, da sola, non basta. Bisogna aumentare gli spostamenti delle merci su rotaia, potenziare il trasporto pubblico su ferro e gomma accelerandone l’elettrificazione. La decarbonizzazione (anche del trasporto privato) è uno strumento cruciale nella lotta al riscaldamento globale e all’inquinamento atmosferico.
A conti fatti, è impossibile negare l’esistenza di un problema legato al traffico e agli incidenti in tutte le città di dimensioni medio grandi, ma anche questioni che riguardano la tutela dell’ambiente. Tematiche importanti che per essere risolte richiederanno, probabilmente, anni e il ricorso a strategie multidisciplinari.