La fusione della calotta in Antartide è inevitabile, nemmeno nel migliore degli scenari, secondo uno studio pubblicato da Nature Climate Change.
Possiamo ancora limitare i danni, ma ormai la situazione “è fuori controllo”. Il ritmo della fusione dei ghiacci in Antartide ha raggiunto un livello che non permette più di invertire la rotta, e anzi si prevede una considerevole accelerazione nei prossimi decenni. Il risultato sarà che la risalita del livello dei mari sarà marcata e provocherà inondazioni in vaste aree costiere della Terra.
A spiegarlo è un nuovo studio curato dal British Antarctic Survey e pubblicato sulla rivista scientifica Nature Climate Change, nel quale i ricercatori hanno sottolineato come la perdita di controllo riguardi in particolare le gigantesche strutture congelate che circondano la calotta glaciale continentale, e che ne garantiscono la stabilità, limitando sia la fusione che la deriva.
L’Antartide, d’altra parte, ha già registrato un’accelerazione marcata in termini di perdita di ghiacci polari. E la scienza ha già avvisato che in particolare la calotta occidentale, nel mare di Amundsen, potrebbe raggiungere presto un “punto di non ritorno”. Con gravi conseguenze, poiché, da sola, contiene abbastanza acqua da comportare una risalita potenzialmente catastrofica del livello dei mari.
Agire sul clima è sempre più necessario, ogni giorno è determinante
La novità contenuta nello studio è che, grazie ad un modello informatico, è stato possibile stabilire che un’accelerazione della fusione è ormai fatale, a causa del riscaldamento delle acque degli oceani. In altre parole, anche prendendo in considerazione uno scenario ottimistico, nel quale le emissioni di gas ad effetto serra verranno ridotte drasticamente, tanto da riuscire a centrare l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi – limitare la crescita della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali – per l’Antartide potrebbe essere ormai troppo tardi.
Ciò che è fondamentale sottolineare è che questo non significa in alcun modo che ci si debba arrendere nel lavoro di mitigazione dei cambiamenti climatici. Al contrario, se si andrà al di là degli 1,5 gradi, il rischio è che la situazione possa risultare ancora peggiore. Anche il “fuori controllo”, insomma, ha diversi livelli di gravità. Quello che piuttosto certifica questo studio è che l’inazione, o per lo meno l’azione insufficiente, da parte dei governi di tutto il mondo, ha delle conseguenze dirette, gravi e tangibili.
“La fusione della piattaforma glaciale dell’Antartide occidentale rappresenta uno degli effetti dei cambiamenti climatici ai quali dovremo probabilmente adattarci”, ha spiegato Kaitlin Naughten, principale autrice dello studio. Ciò significa che non basterà più investire sulla transizione ecologica, al fine di diminuire le emissioni climalteranti, ma dovremo necessariamente anche stabilire piani di adattamento. Che consisteranno in molti casi nello spostamento di popolazioni intere, case, infrastrutture, industrie, dalle coste verso l’interno.
Questo studio illustra il modo in cui le scelte politiche adottate in passato e perpetuate ancora oggi abbiano aggravato drammaticamente il fenomeno del riscaldamento globale, innescando una spirale che non siamo più in grado di controllare, se non parzialmente.
A noi la scelta se proseguire su questa strada o invertire la rotta a limitare i danni.
Fonte: Lifegate